Volto di Giacinto Marco Rondelli, Psicologo Psicoterapeuta AgrigentoPsicologia Psicoterapia Agrigento

Giacinto Marco Rondelli

Il mio mondo sotto attacco (panico)

 

È terribile. Un nuovo mondo, minaccioso, sconosciuto, paralizzante. Non parlo di quello che è fuori, fatto di strade, persone, di nuvole e aria e odori, ma del mondo che ho dentro. Tutte le certezze che avevo etichettato ed archiviato con successo fino a quel momento, sono bruciate ed incenerite senza alcun preavviso. Convivevo con una realtà che tutto sommato non generava eccessivi fastidi ed il corpo come la mente padroneggiavano bene i pensieri, le idee e le azioni. In linea di massima non riflettevo sulle cose da fare; c’era da andare in un posto e partivo, c’era da stare solo giornate intere e per certi versi ero pure contento, c’era da sperimentare un evento che avrebbe provocato particolari sensazioni e mi lanciavo, c’era da correre o stancarsi fino al limite dei battiti cardiaci e sforzi polmonari ed ero in prima linea. Poi un semplice attimo e tutto è cambiato, trasformato. Non è come in altre situazioni quando alcuni segnali del corpo e della mente iniziano ad avvisarti che qualcosa non va e dunque ti trovi nelle condizioni di prendere delle precauzioni.. no. L’episodio di attacco di panico salta fuori dal niente come una bomba atomica rilasciando radiazioni tossiche in tutto quello che mi appartiene. E’ inevitabile la corsa all’ospedale; è una vera e propria questione di sopravvivenza. La percezione attraverso i sensi è completamente alterata; i colori sembrano radioattivi e le luci eccessivamente brillanti, i suoni esterni vengono captati come se avessi due tappi agli orecchi mentre tutto ciò che si trova dentro me e che svolge una certa attività come il cuore, i polmoni ed il sangue nelle vene, riesco a percepirli perfettamente. L’aria di questo mondo appare insufficiente per respirare pienamente e dunque la sensazione di trovarsi vicino alla morte è a pochi sospiri. È l’inizio di uno degli incubi peggiori. Dopo l’esplosione è come se si fosse rotto quello strumento utilissimo che ti fa respirare in automatico senza pensarci su. Non mi stupisco del delirio ed il panico che genera una tale idea: se non penso che devo respirare smetterò di respirare. In quei momenti non sono consentite distrazioni e tutto quello che si stava facendo non ha più senso. Dopo la visita in ospedale, dal cardiologo, dal medico di famiglia e la conseguente diagnosi di attacchi di panico, ho iniziato a realizzare un altro incubo: sto per diventare pazzo.

Tutto è diventato precario, inconsistente e la mia attività quotidiana adesso è controllare che ancora esisto, che ancora ragiono. Non posso più permette di lasciare liberi i pensieri come una volta anche perché sembrano scomparsi. Devo sorvegliare con puntuale costanza che il confine fra l’esserci ed il perdersi non venga varcato. Ho sempre visto i folli per strada come se fossero immersi nel loro mondo completamente scollegato da quello ufficiale, dove l’autocontrollo, l’autocritica e la coscienza dell’esserci risultano completamente disintegrati e ho sempre pensato che quel livello di pazzia poteva essere causato soltanto da situazioni tipo infanzia difficile, violenze subite, forti traumi, genetica o chissà cosa altro. Invece adesso sono qui a contare i danni per qualcosa che nessuno al di fuori di me ha visto, sentito, percepito. Oltre l’attrezzo che faceva funzionare la respirazione automatica, ha smesso di funzionare quello di controllo automatico fra normalità e pazzia. A volte è capitato pure di percepirmi sdoppiato.. un’esperienza terribilmente affascinante. Ogni giorno andavo a comprare il pane a cinquanta metri da casa mia. Oggi non lo faccio più e non perché non voglia o perché non mi piace più il pane ma è perché credo veramente di non potere. Inizio a pensare che fuori ci sono troppi stimoli, scarichi di macchine, che potrei incontrare conoscenti con cui dovere scambiare alcune parole, che devo camminare affaticando cuore e polmoni, che la gente mi veda pazzo, bizzarro, che non so chi potrebbe soccorrermi in caso di cedimento, che devo resistere mentre sono in attesa del turno, che possa comparire un altro terribile episodio di panico e di morire mentre pago il filone di pane. Troppi rischi. A poco a poco, moltissimi luoghi diventano proibiti perché potenziali fonti di esplosione interna. Sono diventato un professionista delle uscite di emergenza. Prima di passare da una via trafficata, entrare in un locale o in luoghi affollati devo aver ben chiaro uno o più piani per le possibili vie di fuga. Certe volte, questi tipi di ragionamenti sono così snervanti che alla fine decido di non muovermi da casa. Vedo il resto del mondo che svolge la vita quotidiana tranquillamente, viaggiando, uscendo a qualsiasi ora ed in qualsiasi posto, che può accomodarsi tranquillamente ore ed ore a mangiare e chiacchierare in trattorie e bar come se niente fosse o che si immerge in maree umane riunite per sagre, mercati o concerti. Provo per loro una sincera ammirazione ed invidia ed in cuor mio inizio a sperare di tornare quello che ero.

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Giacinto Marco Rondelli

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